Scopriamo assieme in quali casi e con quali limiti può essere pignorato il conto corrente di un disoccupato.
Sappiamo che in questo ultimo periodo sono molte le famiglie che fanno sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese. Gli ultimi dati ci parlano di ben 63 nuclei familiari su 100 in difficoltà.
Sappiamo anche che le stesse famiglie sono mediamente sempre più indebitate. Ad oggi, l’indebitamento medio familiare è pari a 22.710 €, con nuclei che superano i 35.000 € di debiti nella provincia di Milano. Infine, è un dato di fatto che oggi il lavoro sia sempre più precario ed insicuro, anche quello contrattualizzato come a tempo indeterminato.
Dal varo del famoso “jobs act“, con il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, è possibile essere licenziati ingiustamente e non riottenere il reintegro sul posto di lavoro, ma solo un indennizzo economico. La perdita di lavoro è quindi sempre possibile, in una situazione debitoria generalizzata decisamente preoccupante.
Ma cosa succede se i creditori intendono procedere a riscuotere coattivamente le somme loro dovute nei confronti di un disoccupato? Vediamo nello specifico il caso di un tipico pignoramento presso terzi, quello del conto corrente bancario.
Le somme depositate presso un conto corrente non sono tutte sempre aggredibili dai creditori. Esistono infatti dei limiti specifici al loro pignoramento, connessi al motivo per il quale tali somme sono state percepite dal debitore. Se gli accrediti sul conto corrente da pignorarsi sono relativi a stipendi, pensioni o ad altre indennità e sussidi, questi non possono essere completamente pignorati.
Tra le altre indennità rientrano, com’è ovvio, anche quelle di disoccupazione: NASpI e Dis-coll in particolare. In tali specifici casi, il pignoramento opera solo su una eccedenza, secondo due distinte modalità.
Se l’accredito del sussidio di disoccupazione è antecedente al pignoramento, può essere coattivamente recuperata solo l’eventuale eccedenza rispetto al triplo dell’assegno sociale attualmente in vigore, ossia rispetto a 1.509,81 €. Poiché la NASpI ha un massimo assegno mensile per il 2023 pari a 1.470,99 €, in tal caso tale accredito non può essere pignorato.
Se, viceversa, l’accredito del sussidio avviene alla data del pignoramento o successivamente, il limite all’impignorabilità è fissato al doppio dell’assegno sociale in vigore, ossia a 1.006,54 €. Va da sé che in tal caso una NASpI, per così dire, un po’ “robusta”, può essere in parte pignorata.