Colloquio, come rispondere alle domande scomode (e vietate) per uscirne vincitori: il lavoro non sarà più un problema
Piccolo manuale di sopravvivenza al colloquio di lavoro: come rispondere alle domande dei recruiters anche se non dovrebbero essere poste
Nonostante molte domande siano state ufficialmente bandite dai colloqui di lavoro, ancora molti recruiters e selezionatori le pongono, magari non in modo esplicito.
Si tratta, per lo più, di domande imbarazzanti e saper gestire bene le risposte ai quesiti più invadenti può trasformare un colloquio in un’opportunità per il successo.
“Perché ci ha messo così tanto a laurearsi?“. Bisognerebbe rispondere a questa domanda mettendo in luce altre esperienze e competenze, evitando di concentrarsi sui motivi specifici della durata degli studi. “Ho integrato il mio percorso con esperienze e attività che hanno arricchito il mio bagaglio di competenze“, è una possibile risposta, oppure: “Ho dovuto superare ostacoli personali, ma ho imparato a perseverare e ottenere risultati significativi nonostante le sfide“.
Quella sull’esperienza è un’altra domanda infida, soprattutto se non ne abbiamo di significative, quindi bisogna giocare di rimessa: “Ho privilegiato lo sviluppo delle mie capacità teoriche, ma ho applicato queste conoscenze in progetti che hanno richiesto abilità simili“. Il consiglio, però, è di non aprire mai per primi il capitolo “esperienze precedenti”.
Esaminatore invadente, risposta evasiva
Anche le indagini sul proprio contesto familiare non sono più consentite, ma gli esaminatori riescono comunque a porre queste domande: “La mia famiglia ha svolto ruoli professionali che mi hanno insegnato l’importanza dell’impegno e della dedizione al lavoro“, potrebbe essere una possibile risposta oppure, più duramente: “Preferirei che ci concentrassimo sulle mie qualifiche e competenze per questa posizione”.
Alla domanda “Con chi vive? (e non “Dove vive”)” è preferibile rispondere in modo vago, evitando di rivelare dettagli personali per preservare la privacy e mantenere il focus sulle competenze professionali. Due possibilità, una più diplomatica: “Attualmente vivo in un’area vicina al luogo di lavoro per massimizzare la mia disponibilità“, l’altra più secca: “Preferirei concentrarci sulle questioni relative alla posizione lavorativa“.
Gestire le domande scomode e anche quelle vietate
“È sposata? Ha intenzione di avere figli?“: tipica domanda che viene rivolta ad una donna, anche se vietata. Per uscirne, bisogna ricorrere a tutta l’abilità diplomatica di cui siete capaci e, se necessario, mentite spudoratamente. In alternativa: “Mi scuso, ma credo che questo non sia rilevante per la nostra discussione professionale“.
Infine la domanda trabocchetto per eccellenza: “Quanto si aspetta di guadagnare?“. Qui l’imperativo categorico è di rigore: mai rispondere indicando una cifra esatta ma indicando un range, una forbice tra un minimo ed un massimo. Sono dati facilmente reperibili su ogni sito specializzato e che vi aiuteranno a formulare una risposta adeguata: ricordate che l’azienda prenderà in considerazione la vostra richiesta minima. Comunque flessibilità: “Sono aperta/o a discutere il salario in base alle responsabilità e al valore che posso portare al ruolo“.