Licenziato per colpa di Facebook: ciò che scrivi non passa inosservato | Se condividi queste cose sei a rischio
Hai mai pensato che quello che condividi su Facebook potrebbe costarti il posto di lavoro? È già successo, licenziato per quello che scrive sul social.
I social sono ad oggi una parte importante della vita quotidiana di ognuno di noi. Passiamo moltissimo tempo sulle piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok, condividiamo parte della nostra vita con tutti coloro che ci seguono, che siano amici o perfetti sconosciuti.
Purtroppo però, troppo spesso condividiamo foto o pensieri senza pensare che potrebbero creare dei problemi, potrebbero non essere graditi ad altre persone. Nonostante la censura sia ormai stata abolita da tempo a volte potrebbe essere utile riflettere contare almeno fino a 10 prima di pubblicare.
Occorre prestare particolare attenzione soprattutto nel caso in cui, si condividano delle opinioni sull’azienda in cui si lavora. Perchè nonostante non sia strano avere qualche sassolino nella scarpa con il proprio capo, non lo si può dichiarare apertamente sui social.
A dircelo è una sentenza della Corte di cassazione. Sembra proprio che i limiti al diritto di critica possano essere applicati anche al lavoratore rappresentante sindacale. Insomma non basta la qualifica di sindacalista per riuscire ad evitare il licenziamento.
Le espressioni lesive sono condannate
Non è la prima volta che si sente parlare i utenti condannati a pagare un risarcimento per aver offeso altri sui social. Purtroppo spesso non si tiene in considerazione che sui social chiunque può leggere e una frase che per chi scrive può sembrare simpatica, può essere un’offesa per chi ne è il protagonista.
La sentenza n. 35922 ci dice che le espressioni lesive della reputazione dell’azienda possono essere causa di licenziamento. Questo succede quando le frasi travalicano quelli che sono considerati dei limiti di critica e di satira. Ovviamente il dipendente può comunque decidere di procedere in ricorso.
Il caso del sindacalista
Questo è quello che è realmente successo a un dipendente. Nello specifico caso quest’ultimo ha proceduto con ricorso asserendo che il licenziamento era discriminatorio per via di un’appartenenza sindacale e per aver leso il diritto di critica.
Ovviamente tutto questo è tutelato, ma resta l’obbligo di non ledere l’immagine dell’azienda per cui si lavoro. Solo in questo caso è possibile conservare il proprio posto di lavoro senza rischiare di essere licenziati.