Smartworking, la privacy non esiste più: mail e internet sempre sotto controllo | Attenzione a ciò che scrivi
Lavorare da remoto può essere estremamente piacevole. Ma ciò non significa che non si possa essere controllati dall’azienda.
Si fa un gran parlare, da tempo, di “smart working“. Probabilmente, però, in molti non ne conoscono l’esatto significato. La traduzione più aderente all’originale inglese è, forse, quella di “lavoro agile“, che non vuol dire propriamente “lavoro da remoto” né, tantomeno, “lavoro da casa“.
Smart working, remote working e home working sono quindi tre concetti simili, ma con delle differenze sostanziali. Se, come detto, il primo sta per “lavoro agile”, ossia un’attività non subordinata ad orari e/o vincoli spaziali, organizzato piuttosto per obiettivi o cicli di lavoro, gli altri due significano ben altro.
Con “remote working” ci si riferisce, semplicemente, ad un lavoro svolto da remoto, a prescindere da dove lo si esegua. Tale modalità potrebbe anche non essere, effettivamente, “smart“, ossia disciplinata da orari rigidi.
“Home working“, invece, significa esattamente “lavorare da casa“. E anch’esso può essere un tipo di lavoro organizzato tradizionalmente dove, ad esempio, tutte le mattine alla stessa ora debbo trovarmi necessariamente connesso e iniziare a svolgere le mie mansioni, sino alla pausa pranzo, per poi ricominciare sino a sera.
Privacy e smart working
Riepilogando, non è detto che lavorare da remoto, da casa o da uno spazio di coworking, significhi essere in smart working. Se questo non fosse il caso, è chiaro che il lavoratore, nei confronti dell’azienda, avrebbe doveri tradizionali, quali, banalmente, il rispetto dell’orario di lavoro. E i controlli dell’azienda sullo svolgimento dell’attività risulterebbero perfettamente comprensibili.
Altro discorso invece è quando si lavora in modalità smart. Appare ovvio che il datore di lavoro non può controllare, in tal caso, se siamo o non siamo “sul pezzo” in un determinato momento, poiché la natura dell’accordo si fonda proprio sull’assenza di vincoli.
I controlli del datore di lavoro e lo smart working
Se è pur vero che i controlli del datore di lavoro non possono riguardare mai, in smart working, la verifica della prestazione lavorativa, ciononostante l’azienda può avere comunque accesso e verificare l’uso di internet, della posta elettronica e dei dispositivi quali PC, tablet e smartphone.
Questo controllo può essere effettuato, previa adeguata informazione al lavoratore, al fine di tutelare il patrimonio dell’azienda stessa. Ciò significa che la motivazione alla base di una raccolta di dati da parte del datore di lavoro, generalizzata o ad hominem, dev’essere limitata a verificare la possibilità che siano stati compiuti o meno illeciti dai dipendenti, e che questi abbiamo danneggiato l’impresa.