Licenziamenti, quest’azienda non ha avuto pietà: comunicazioni in arrivo per centinaia di dipendenti
L’economia digitale è caratterizzata sia da periodi di espansione, sia di contrazione. Ed oggi stiamo vivendo uno di questi ultimi.
C’è stato un periodo, relativamente recente, nel quale l’entertainment digitale sembrava non avere rivali. Nel periodo più buio della pandemia, a partire da marzo 2020, tutti i colossi della rete hanno raggiunto successi stratosferici.
Chiunque comprava necessariamente online, arricchendo evidentemente le casse di Amazon; in moltissimi avevano sostituito il cinema con la streaming TV, facendo schizzare verso l’alto gli utili di Netflix & co. Nonostante il mercato digitale avesse sostanzialmente chiuso l’anno, a livello globale, in pareggio, si presagiva un futuro di successi, grazie all’assuefazione delle masse all’economia virtuale.
Questo ha portato molte realtà del settore ad investire montagne di dollari, sicure di ritorni certi e estremamente soddisfacenti. Anche nuove realtà cercavano di farsi spazio, aumentando così la concorrenza e l’offerta per un pubblico considerato sempre più pigro.
Ma, come spesso succede, le previsioni possono rivelarsi sbagliate. E ciò è quello che è successo nel settore specifico dello streaming online. Già a partire dal 2022, negli Stati Uniti, si è registrata una inversione di tendenza che ha iniziato a preoccupare: gli abbonamenti ai servizi streaming iniziavano a calare, un trend che si è mantenuto anche lo scorso anno, esplodendo anche altrove.
La crisi dello streaming online
A impattare su questo settore dell’entertainment digitale è una concomitanza di fattori: l’inflazione generalizzata, dovuta ai recenti venti di guerra; lo sciopero degli attori di Hollywood, terminato qualche mese fa, che ha rallentato di parecchio le nuove produzioni; il cambiamento delle abitudini delle nuove generazioni, più a loro agio a passare il tempo su Tik Tok, Twitch e YouTube.
A farne le spese, recentissimamente, sono i lavoratori della piattaforma streaming di Amazon, Prime Video. E’ di pochi giorni fa l’invio di una mail da parte di Mike Hopkins, che dirige la divisione video e studio di Prime, a tutti i dipendenti, annunciando centinaia di tagli al personale.
I licenziamenti di Prime Video
Prime Video non è la prima divisione Amazon a subire tagli del personale importanti.
Tra la fine del 2022 e il 2023 Amazon ha mandato a casa non meno di 27.000 dipendenti, soprattutto fra coloro che si occupano dello sviluppo dell’assistente vocale Alexa. Anche per Twitch, sempre proprietà Amazon, si parla di circa 500 esuberi a breve. Ciononostante – o forse proprio grazie a questa politica draconiana – Amazon avrebbe chiuso il 2023 con un utile operativo compreso tra i 7 e gli 11 miliardi di dollari.