Pensioni, la Legge Fornero cancellata per sempre: finalmente c’è una data | Ora cambia tutto
E’ certo l’anno in cui, definitivamente, sarà superata la Fornero. Nel frattempo si studiano soluzioni per accelerare l’uscita dal lavoro.
Gli allarmi sulle pensioni dei giovani non si sprecano. Viene ripetuto continuamente, come un mantra, che millennials e Generazione Z non riusciranno ad andare in pensione prima dei settant’anni.
E’ certo che, se non viene messo mano in alcun modo alla attuale normativa previdenziale, questo sarà il futuro delle nuove generazioni. Ma ci sono degli aspetti da tenere presenti, che potrebbero far cambiare tutto, anche se non proprio entro breve tempo. Il tema è quello del superamento della Riforma Fornero, che dal 2011 sostanzialmente domina l’architettura previdenziale del nostro paese.
Elsa Fornero, l’allora Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, cancellò con un tratto di penna le vecchie pensioni di anzianità: uscita dal lavoro per tutti, a qualsiasi età, con 40 anni di contributi; uscita dal lavoro per i sessantenni, con 35 anni di contributi versati e il raggiungimento di Quota 96.
Il tema era, allora, la sostenibilità dell’intero sistema pensionistico pubblico, il quale necessitava di una svolta radicale, che allontanasse l’età pensionabile e mitigasse gli effetti del metodo di calcolo retributivo. Un dramma per molte persone, che però ha disinnescato il pericolo di una seria crisi dei conti pubblici.
Mitigare la Fornero
Sono però allo studio, proprio in questi mesi, delle formule correttive al regime attuale di pensionamento, che prevede un’uscita dal lavoro per vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi e varie forme di pensionamento anticipato. Una prima ipotesi è quella di ripristinare una delle forme di pensionamento per anzianità contributiva: consentire cioè a chiunque di lasciare il lavoro con almeno 41 anni di contributi.
Il problema è però quello di attutire – ancora una volta – il calcolo dell’assegno dovuto al metodo retributivo, il quale risulta molto oneroso per le casse dello stato.
Superare la Fornero
La soluzione trovata sarebbe quella di consentire il pensionamento per anzianità solo a partire dai 62 anni e prevedere un assegno pensionistico calcolato solo con metodo contributivo, almeno sino al raggiungimento dei 67 anni. Da quel momento in poi l’assegno si riproporzionerebbe, recuperando la quota parte retributiva.
Ricordiamo infatti che per chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 il calcolo della pensione è misto: in parte retributivo – sino appunto al 1996 – e in parte contributivo. Ma è il primo che pesa, poiché non è proporzionato al volume dei contributi versati. Proprio per questo motivo è possibile ipotizzare che – quando i lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 saranno già tutti in quiescenza – da un certo anno in poi potremo, con maggior tranquillità, rimodulare l’uscita dal lavoro, tornando magari ad età anagrafiche più accettabili. La data plausibile è già stata fatta, ed è il 2045: l’anno in cui dovrebbero pensionarsi i nati nel 1978 i quali, appena diciottenni nel 1996, è praticamente impossibile che abbiano già anni di contributi versati da considerarsi sottoposti al metodo di calcolo retributivo.