Assegno di Inclusione, questa non ci voleva proprio: migliaia di famiglie dovranno restituirlo
Tantissime famiglie dovranno essere costrette a restituire l’Assegno di Inclusione: ecco perché.
Ci sono casi in cui l’Assegno di Inclusione deve purtroppo essere restituito.
Questo è ciò che accade quando lo stesso Assegno di Inclusione viene percepito senza in realtà averne diritto, con i casi peggiori che possono vedere l’Inps impegnata nella richiesta dei soldi di cui ci si è appropriati in maniera indebita.
Termini entro i quali devono essere spesi i soldi che vengono riconosciuti non ce ne sono le sanzioni che vengono inflitte a tutti i trasgressori restano.
Ecco quindi qui di seguito i casi in cui l’Assegno di Inclusione deve essere necessariamente restituito.
Assegno di Inclusione: ecco quando va restituito
Nei casi in cui ci si appropri dell’Assegno di Inclusione in maniera impropria l’Inps può addirittura arrivare a chiedere che vengano restituiti gli importi che sono stati percepiti, motivo per cui è di vitale importanza cercare di non commettere errori quando se ne fa richiesta. Il solo e unico caso in cui è necessaria la restituzione è dunque quello dell’appropriazione indebita: a stabilirlo è stato per la precisione il Decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 convertito in legge n. 85 del 3 luglio.
Nei primi due commi viene specificato come il beneficiario dell’Assegno di Inclusione possa rischiare non soltanto la restituzione degli importi ma in alcuni casi anche addirittura la galera: ciò può avvenire quando si è fatto ricorso ad esempio all’utilizzo di documenti o di dichiarazioni false o quando si fa omissione di informazioni e di dati che sarebbero invece obbligatori. La pena, in casi del genere, può consistere anche in una reclusione il cui periodo di tempo può oscillare tra l’uno e i tre anni. Le situazioni in cui l’Assegno di Inclusione deve essere restituito sono in sintesi le seguenti: mancata comunicazione di un’attività lavorativa quando il guadagno va oltre i 3.000 euro; nucleo familiare indicato nell’ISEE che non coincide con quello reale; dichiarazioni false; mancata dichiarazione del superamento del limite patrimoniale; mancata comunicazione dell’inizio di un’attività lavorativa nel periodo durante il quale si gode della misura e quando il reddito percepito va oltre la soglia dei 3.000 euro.
I casi in cui l’Assegno di Inclusione non deve essere restituito
Per quanto riguarda l’Assegno di Inclusione possono però esserci anche delle sanzioni meno severe. Il diritto al riconoscimento dell’Assegno può decadere anche quando soltanto uno dei componenti del nucleo familiare senza alcun alcun motivo non si presenta ai servizi sociali entro 120 giorni dalla firma del Patto di attivazione digitale o anche quando vi è il rifiuto della sottoscrizione del Patto di inclusione o del Patto di servizio personalizzato.
Altri casi ancora sono poi infine quelli in cui non vi è la frequentazione di un percorso di istruzione per adulti di primo livello o nei quali vi sia una mancata accettazione di un’offerta di lavoro giusta. Quando avviene tutto ciò il diritto al riconoscimento dell’Assegno di Inclusione decade in via immediata, anche se non è prevista però in questi casi la restituzione di tutte le somme che sono state percepite in precedenza.