Ti hanno licenziato? Il capo ti deve 10mila euro: con una mail sono tuoi di diritto | Non aspettare a richiederli
Non tutti i licenziamenti sono legittimi. Quando il datore di lavoro sbaglia, il risarcimento al dipendente è assicurato. Vediamo come.
Nel mercato del lavoro attuale avere un contratto a tempo indeterminato è decisamente una fortuna. Oggi, purtroppo, dominano infatti altre forme di rapporto di lavoro, decisamente più precarie.
Può però succedere, anche ai più fortunati, di rimanere senza stipendio, a causa di un licenziamento. Se nei contratti a tempo determinato il periodo di lavoro ha una scadenza, in quelli a tempo indeterminato il lavoro cessa solamente in tre casi possibili: pensionamento, dimissioni o licenziamento. Approfondiamo quest’ultimo aspetto e vediamo in quali casi il licenziamento è illegittimo e può portare ad un cospicuo risarcimento al lavoratore.
Iniziamo innanzitutto a discriminare tra licenziamento nullo, inefficace e illegittimo. Semplificando, un licenziamento è da considerarsi nullo quando è basato su una qualsiasi forma di discriminazione (“ti licenzio perché se nero, o comunista”).
Il licenziamento è, invece, inefficace, quando viene ad esempio formulato esclusivamente in forma orale, senza alcuna comunicazione scritta ufficiale. In entrambi questi casi, il lavoratore ha diritto al reintegro nel posto di lavoro, oltre ad una specifica indennità risarcitoria, equivalente alla retribuzione spettante dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione.
Quando il licenziamento è illegittimo
Se invece il licenziamento non è supportato da alcuna giusta causa, allora si parla di “illegittimità”. Bisogna però distinguere, in tal caso, due casi generali: quello in cui il lavoratore è stato assunto prima del 7 marzo 2015 e quello in cui l’assunzione è successiva a tale data.
Nel primo caso – ovvero per quei lavoratori per i quali non si applica il Jobs Act – è ancora valido l’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori, il quale prevede anche il reintegro obbligato del lavoratore nel caso in cui l’azienda abbia più di 60 dipendenti o l’unità produttiva di riferimento ne abbia più di 15; per le aziende di minori dimensioni oltre all’opzione di reintegro è prevista la possibilità di un risarcimento, da un minimo di 2,5 ad un massimo di 6 mensilità.
Il risarcimento per licenziamento illegittimo nel Jobs Act
Veniamo ora ad affrontare cosa succede al lavoratore licenziato illegittimamente secondo il regime del Jobs Act.
In particolare, soffermiamoci sul caso di un lavoratore di una unità produttiva con meno di 15 dipendenti, licenziato senza alcuna motivazione addotta. In tal caso spetta al lavoratore un indennizzo, non assoggettabile ai contributi previdenziali, pari a mezza mensilità per ogni anno di servizio, con un limite minimo di una mensilità e un limite massimo di sei. Se invece si dimostra che il giustificato motivo addotto è illegittimo, allora l’indennizzo è pari ad una mensilità per anno di servizio, con un minimo di tre mesi e un massimo di sei. A far staccare un assegno di quasi 10.000 € al datore di lavoro ci vuole, in questi casi, veramente poco…