Pensione, se lavori durante questi orari non la raggiungerai mai: è una fregatura colossale | Meglio farti i conti
Lavorare con un contratto regolare e a tempo indeterminato non dà affatto la garanzia di raggiungere gli obbiettivi previdenziali prefissati.
Quando si è giovani, generalmente, alla pensione non ci si pensa proprio. E questo ci porta talvolta a scegliere soluzioni lavorative più congrue rispetto ad obbiettivi ravvicinati, non pensando invece quanto sia necessario avere una visione un po’ più a lungo termine.
Soprattutto per le donne, risulta facile decidere di rinunciare a qualche ora di lavoro in più e limitarsi a contratti part-time: questo consente infatti di potersi dedicare meglio ai figli, nati o nascituri. Ma si è realmente consapevoli di ciò a cui si sta rinunciando?
Una cosa che forse non tutti sanno è che l’orario di lavoro settimanale può condizionare seriamente la nostra futura pensione, sia da un punto di vista dell’età in cui essa scatta sia sul piano dell’ammontare del cedolino previdenziale.
Ma procediamo per gradi, considerando innanzitutto che per calcolare l’anzianità contributiva di un lavoratore dobbiamo considerare le settimane complessive lavorate da costui in un anno, tenendo presente il limite massimo – peraltro ovvio – di 52 settimane. Inoltre, si considera una settimana come pienamente lavorata – secondo i dati INPS 2024 – se la retribuzione relativa è almeno pari a 239,44 €.
Calcolare l’anzianità contributiva
A conti fatti, soltanto coloro che raggiungono uno stipendio annuo lordo pari ad almeno 12.451 € (ovvero 239,44 € x 52 settimane) possono contare su un anno effettivo di contribuzione. Se il lordo all’anno è inferiore a tale soglia, non si ha contribuzione piena ma parziale. Ad esempio, un lavoratore part-time al 50%, che guadagna poco più di 6.000 € lordi l’anno, matura solo 26 settimane: pertanto per costui ci vogliono due anni di lavoro per un anno di anzianità contributiva completa.
Ciò ahinoi significa che per riuscire a raggiungere i famosi 20 anni di contributi – necessari per il pensionamento di vecchiaia a 67 anni – un lavoratore part-time al 50% potrebbe doverne lavorare effettivamente 40!
Lavoro part-time e montante contributivo
Ma i problemi non finiscono qui. Supponiamo che il part-time sia tale per cui il reddito annuo superi, comunque, il minimale INPS di 12.451 €, diciamo pure che si attesti sui 15.000 €. Considerando che la RAL media lorda italiana – per un lavoratore dipendente privato – è di poco superiore ai 30.000 €, il nostro lavoratore “a mezzo servizio”, pur maturando la stessa anzianità contributiva di un full-time, accantonerà circa la metà dei contributi l’anno rispetto a quest’ultimo.
Ciò si traduce, ovviamente, in un montante contributivo inferiore del 50% circa rispetto ad un full-time, a cui corrisponderà un assegno previdenziale decisamente basso.