Colloquio di lavoro, se rispondi così alle domande scomode ti aggiudichi il contratto | Preparati a firmare
Alcune tecniche utili per risultare brillanti davanti ad un recruiter. Scopriamo assieme come fare colpo al primo colloquio.
Cercare lavoro, si dice, è di per sé un lavoro a tutti gli effetti. Per trovare l’impiego a cui ambiamo, infatti, è necessario mettere in campo tanta energia quanta ne serve effettivamente per trascorrere le canoniche 8 ore a lavorare.
Non basta più ormai l’invio a raffica del nostro CV: è necessario dotarsi di astuzia, intelligenza, competenze specifiche e anche di un po’ di fortuna (quella non è mai troppa). Tra le skills necessarie per raggiungere l’obiettivo di farsi assumere v’è anche quella di saper affrontare con competenza un colloquio di lavoro.
Presentiamo di seguito, quindi, alcune tecniche semplici per poter “tenere” la conversazione con il recruiter di turno nel modo giusto, addirittura puntando a spiccare rispetto agli altri candidati presenti in selezione.
In particolare, cerchiamo di focalizzare l’attenzione su un punto molto delicato, che si presenta praticamente sempre durante un colloquio di lavoro. Ci riferiamo al momento in cui il selezionatore ci pone la fatidica domanda: “Quali sono i suoi punti deboli?” Ovviamente non esiste un unica risposta corretta o giusta ad un quesito di tal fatta, ma quantomeno si possono evitare scivoloni clamorosi, che potrebbero pregiudicare seriamente il successo del nostro appuntamento.
Trasformare le proprie debolezze in punti di forza
L’idea centrale che sta alla base di tutte le risposte vincenti possibili a questo quesito è parzialmente mutuata dalle arti marziali orientali.
In quasi tutte queste antiche discipline vige il principio che per essere vincenti sull’avversario è opportuno adattarsi all’azione di questi, al fine di utilizzarne la forza a proprio favore per metterlo a terra. Lo stesso meccanismo può essere facilmente utilizzato su noi stessi, considerando le nostre debolezze semplicemente come elementi di forza, su cui far leva per impressionare positivamente il recruiter.
La debolezza come forza nel colloquio di lavoro
Poiché nessuno è perfetto, quello che va proprio evitato è rispondere escludendo categoricamente di non avere punti deboli. Oltre a non essere una risposta particolarmente apprezzabile, essa ci impedisce anche di approfittare della domanda, per rafforzare il messaggio positivo che vogliamo dare su noi stessi.
I propri punti deboli vanno infatti riconosciuti, in modo da mostrarsi consapevoli di sé e dei propri limiti. Questo ci permette anzi di andare oltre, e mostrare a chi ci sta di fronte come si sia stati capaci di superare le diverse situazioni di difficoltà che ci sono capitate sul lavoro. Quindi non va semplicemente stilata una lista di debolezze, bensì – per essere efficaci – risulta indispensabile commentarle, mostrando come da un problema sia sorta in noi una nuova consapevolezza, la quale ci ha consentito di mettere a punto nuove strategie o di sviluppare nuove competenze, uscendone decisamente migliori di prima.