Aspettativa di vita, se vivi in questa regione sei spacciato: non vedrai mai la tua pensione | La classifica è certa
L’aspettativa di vita in Italia cresce, ma non in modo omogeneo. Vi sono zone del paese nelle quali, statisticamente, si vive molto meno.
Parafrasando un noto film dei fratelli Cohen, uscito qualche anno fa, nonostante le apparenze l’Italia non risulta essere un paese per vecchi.
Sono usciti da poco i dati ISTAT relativi all’aspettativa di vita nel nostro paese e ciò che emerge è un quadro che appare per certi versi piuttosto preoccupante. Innanzitutto, partiamo dal dato complessivo, il quale ci informa che l’Italia è il terzo paese d’Europa per aspettativa di vita media (uomini e donne inclusi): 83,1 anni.
Nonostante questo dato sia in apparenza confortante – fanno meglio di noi solo Spagna (83,3) e Svizzera (83,2) – bisogna saperlo leggere immerso in un contesto più ampio, considerando cioè sia come esso si distribuisce in realtà nelle varie zone del paese sia che cosa voglia effettivamente dire “vivere più a lungo” in termini di qualità della vita.
Una premessa però è d’obbligo: i dati sono stati pesantemente condizionati dall’evento pandemico del 2020, il quale ha creato temporaneamente una riduzione del gap tra regioni settentrionali e Meridione piuttosto importante, considerando che – solo in Lombardia – il Covid ha fatto calare la speranza di vita media di 2,6 anni.
Le regioni dove si vive meno
Quindi, se prescindiamo dall’effetto Coronavirus, le regioni nelle quali si vive mediamente meno sono quelle meridionali, Campania e Calabria in primis, con un valore lievemente inferiore alla media nazionale. A Napoli, ad esempio, il dato è pari ad 80,40.
Se si considera che in pensione si va oggi a 67 anni e – progressivamente – arriveremo addirittura a 71, a godersi la pensione nella quarta età saranno tanti, certamente, ma per un numero di anni decisamente limitati: al massimo, mediamente, per poco più di dieci. Ma chiediamoci: se la “godranno” veramente, questi anziani, la pensione?
Vivere a lungo: ma come?
Va infatti considerato che la cosiddetta “quarta età” non sarà per nessuno, probabilmente, una passeggiata. Risulta infatti certo che l’aumento dell’aspettativa di vita comporta anche un aumento di problematiche sanitarie non da poco: malattie croniche, problemi di non autosufficienza, ecc.
E’ il cosiddetto “longevity risk“: si vive certamente più a lungo, ma a quale prezzo? Se facciamo affidamento sulle proiezioni relative al futuro degli assegni previdenziali, ci troviamo di fronte ad una situazione decisamente drammatica: milioni di vecchi con problemi cronici e gravi di salute non supportati da pensioni adeguate, peseranno massicciamente sulle spalle delle generazioni più giovani, quest’ultime costantemente a barcamenarsi tra contratti precari e poche speranze per il futuro.